Rimesse, la (apparente) frenata

Di Marco Marcocci – Presidente Associazione Migranti e Banche

 

Iniziamo con una domanda: “Cosa sono le rimesse dei migranti?”. In generale, una risposta appropriata potrebbe essere la seguente “il trasferimento di benessere che il migrante effettua, in favore dei propri cari, dal Paese ospitante verso quello di provenienza”. Non necessariamente, quindi, l’oggetto della rimessa è il denaro. Potrebbe essere, infatti, un bene, generalmente di prima necessità come cibo, vestiario e medicinali o, più semplicemente, una qualsiasi regalia. È praticamente impossibile quantificare il valore delle rimesse così definite. Tuttavia, anche se ci orientassimo esclusivamente su quelle finanziarie, che quindi hanno come oggetto il denaro, l’indicazione sul loro ammontare sarebbe soltanto di massima.

 

I canali informali e l’avvento del mobile

 

Per prima cosa, infatti, il calcolo non comprenderebbe l’imponente flusso di soldi fatto pervenire nel Paese di origine tramite i canali informali (parenti, amici, banchieri di strada) che molti stimano essere almeno quanto quello formale, per lo meno per taluni corridoi. In secondo luogo, anche un’importante fetta di denaro veicolato per il tramite dei canali ufficiali ne resterebbe fuori: nuovi modelli d’invio non rilevati nei dati ufficiali, quali la telefonia mobile e i canali informatici, stanno prepotentemente affacciandosi sul mercato, compreso quello, quanto mai allettante, delle rimesse dei migranti.

 

Una decrescita apparente

 

Così, per dare qualche numero certo, o meglio ufficiale, sul getto delle rimesse dobbiamo necessariamente concentrarci su quelle che la Banca d’Italia definisce come “transazioni transfrontaliere tra due persone fisiche effettuate tramite un istituto di pagamento o altro intermediario autorizzato, senza transitare su conti di pagamento intestati all’ordinante o al beneficiario (regolamento in denaro contante)”. Nel 2014 il flusso delle rimesse verso l’estero fuoriuscito dall’Italia ha superato i 5,3 miliardi di euro, facendo registrare un ridimensionamento rispetto all’anno precedente del 3,8% (nel 2013 il flusso superò i 5,5 miliardi di euro). In realtà la decrescita registrata nel 2014 rispetto al 2013 è solo apparente in quanto è imputabile non tanto alla crisi economica in atto, bensì al fatto che fino al 2013 venivano annoverati tra le rimesse anche i cospicui e numerosi regolamenti di transazioni commerciali verso la Cina effettuati tramite i money transfer operators.

 

La Romania: il Paese verso cui si mandano più rimesse

 

 Il Paese che ha catalizzato il più ingente flusso di denaro inviato dalla penisola è stato, nel 2014, la Romania che ha introitato 876,4 milioni di euro, pari al 15,7% del totale delle rimesse inviate e in crescita rispetto al 2013 dell’1,8%. A seguire la Cina con 819 milioni di euro, il Bangladesh dove dall’Italia sono arrivati 360,7 milioni di euro, le Filippine con 324 milioni, il Marocco e il Senegal rispettivamente con 249,9 e 244,9 milioni di euro. Un aumento considerevole è avvenuto nelle rimesse dirette in Pakistan che, rispetto al 2013, hanno registrato un incremento di 18,4 punti percentuali raggiungendo quota 125,5 milioni di euro e quelle dirette nello Sri Lanka (+10,9%; 173,3 milioni). Da registrare l’aumento consistente in termini percentuali anche del valore dei trasferimenti verso la Moldavia (+12%) e la Russia (+32,3%), anche se in termini quantitativi l’ammontare dei ussi verso i due Paesi è relativamente modesto (Moldavia 85,5 milioni e Russia 44,6 milioni).

 

Oltre un miliardo di euro è inviato dalla Lombardia

 

La regione che ha inviato più denaro all’estero è stata la Lombardia, con oltre 1,1 miliardi di euro; seguono il Lazio (985,1 milioni) e la Toscana (587,1 milioni). Queste tre regioni, da sole, hanno prodotto più della metà del volume totale di rimesse in uscita dall’Italia.

 

Roma, Milano e Firenze: le tre città delle rimesse

  Scendendo a livello provinciale la graduatoria delle prime dieci posizioni vede al comando Roma con 891,1 milioni di euro, seguita da Milano (606,7milioni), Firenze (207,4 milioni), Napoli (195,4 milioni), Torino (172,3 milioni), Prato (162,1 milioni), Brescia (139 milioni), Bologna (117,1 milioni), Genova (108,3 milioni) e Bergamo (97,8 milioni).

 

Crescono le rimesse a livello mondiale

 

Passando dalla dimensione nazionale a quella mondiale delle rimesse, la World Bank ritiene che i 232 milioni di migranti sparsi per il mondo abbiano eseguito nel 2014 rimesse per 583 miliardi di dollari, dei quali 436 destinati ai Paesi in via di sviluppo (+4,4% rispetto al 2013). Il trend in costante crescita delle rimesse a livello globale sembra inarrestabile, tanto che la stessa World Bank stima che nel 2017 i flussi verso i Paesi in via di sviluppo raggiungeranno quota 479 miliardi di dollari (su un totale ipotizzato intorno ai 636 miliardi). I primi cinque Paesi al mondo destinatari delle rimesse sono stati nel 2014 India, Cina, Filippine, Messico e Nigeria. Quelli mittenti invece USA, Arabia Saudita, Germania, Russia ed Emirati Arabi.

 

La rimessa non è solo money transfer

 

Qualunque sia l’approccio che si voglia dare al tema, appare evidente che il flusso di denaro che transita come rimesse dei migranti è notevole e, come ha scritto nella lettera enciclica “Caritas in Veritate” il Papa Emerito Benedetto XVI queste “recano un contributo significativo allo sviluppo economico” del Paese di destinazione. È fondamentale quindi che le rimesse siano adoperate in impieghi utili e produttivi, in grado di generare lo sviluppo sostenibile delle comunità nelle quali arrivano. Non per niente tra gli altri elementi che caratterizzano una rimessa e che meritano particolare attenzione ci sono il costo complessivo per il trasferimento e il tasso di cambio applicato. Questi fattori sono stati già oggetto di attenzione da parte di organismi internazionali quale il G8, il G20 e la Banca Mondiale, nonché di governi nazionali nell’ottica di ridurli e, per quanto possibile, calmierarli così da non distrarre risorse dall’importo della rimessa. La rimessa di denaro non ha soltanto un valore finanziario, ha anche una dimensione umana, sociale e politica. In essa è quasi sempre insita tutta la complessità propria del fenomeno migratorio contemporaneo, caratterizzato da sofferenze, disagio, aspirazioni e speranza di una vita migliore. Anche per questo sarebbe troppo semplice e riduttivo identi care la rimessa nel mero invio di soldi da un paese all’altro del mondo. 

 

 

Articolo originariamente pubblicato nella sezione “tribuna” sul numero di novembre di AziendaBanca.

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