Finanza islamica: quali potenzialità per l’Italia

Di Marco Marcocci – Presidente Associazione Migranti e Banche

A giudicare dai numeri, la crisi economica mondiale degli ultimi anni ha risparmiato la finanza islamica, il cui mercato globale degli asset vale circa 2mila miliardi di dollari e in 4 anni ha registrato una crescita del 18%. Si stima che nel 2020 gli asset della finanza islamica potrebbero valere 6,5mila miliardi di dollari, prezzo del petrolio permettendo. Settore di nicchia indubbiamente, ma con una capacità di crescita vertiginosa e capace di convincere, conti alla mano, i più fermi e intransigenti sostenitori della finanza convenzionale. Così, da qualche anno, il mondo occidentale guarda con sempre maggiore interesse verso la finanza islamica e Londra ne è divenuta la propria “capitale”.

 

2 milioni di persone da soddisfare

In Italia un migrante su tre – circa 2 milioni di persone – è di fede musulmana e gli esercizi commerciali, sia della grande distribuzione sia al dettaglio, si stanno specializzando nella vendita di prodotti loro dedicati. Nella penisola, inoltre, il sistema bancario e finanziario è alla continua ricerca di occasioni di rilancio e di sviluppo. In un contesto così caratterizzato la finanza islamica potrebbe costituire un interessante volano, tutto da scoprire e da tarare, sia per l’integrazione degli immigrati presenti nella penisola che per il rilancio del Sistema Italia.

La finanza islamica, che da qualche tempo sta acquisendo sempre maggiore popolarità (allo stesso modo dei prodotti islamici del supermercato), è un modello finanziario (ed economico) in cui il complesso delle transazioni, dei processi e dei contratti trova fondamento nei dettami del Corano e, più precisamente, nella Shari’a (letteralmente “via”, “strada”) che costituisce il versante normativo della legge coranica.

La Shari’a, tra l’altro, dispone quattro divieti fondamentali che vanno ad impattare nella strutturazione delle transazioni commerciali e finanziarie. Questi sono:

  • Riba (interesse)
  • Gharar (incertezza contrattuale)
  • Masir (speculazione)
  • Haram (settori proibiti)

 

I quattro divieti della finanza islamica

Il riba sancisce il divieto di chiedere interessi che sono considerati una forma di usura: il denaro non può remunerare il suo uso, quindi qualsiasi forma di aumento pattuito del capitale dato in prestito è sinonimo di ingiustificato arricchimento.

Il gharar vieta di effettuare transazioni che presentino un alto livello d’incertezza, intesa sia come aleatorietà insita del contratto che come carenza d’informazioni sull’operazione.

Il masir nega il permesso a intraprendere operazioni che siano altamente speculative o eccessivamente legate al caso.

Infine l’haram indica tutto ciò che è proibito; con riferimento al settore imprenditoriale e finanziario, ad esempio, sono negati alcuni settori quali quello degli alcolici, della lavorazione di carni di maiale e altri.

 

I finanziamenti shari’a compliant

Appare chiaro, quindi, quanto un’offerta finanziaria shari’a compliant possa differire da quella convenzionale e anche se sono passati più di cinquant’anni dal “lontano” 1963, anno in cui l’economista egiziano Ahmad al Najjar fondò la prima banca islamica, i prodotti erogati dall’industria finanziaria islamica conservano le loro peculiarità.

Così, scorrendo il catalogo prodotti shari’a compliant troviamo i murabaha: finanziamenti concessi dalle banche islamiche per l’acquisto di un bene reale che, in sostanza, si concretizzano nell’acquisto del bene da parte della banca che poi rivende tale bene al cliente applicando un sovrapprezzo stabilito e dietro pagamento differito dello stesso. Sono usati sia per le imprese che per il credito al consumo.

Vi sono poi i finanziamenti bai salam, concessi per acquistare un bene non ancora esistente: il bene è pagato in anticipo e consegnato successivamente. Segue l’istisnà, dove il pagamento avviene in base allo stato di avanzamento dei lavori.

 

I prodotti con contratto di partecipazione

Se murabaha, bai salam e istisnà si basano su un contratto di scambio, vi sono poi contratti basati sulla partecipazione al rischio. In questi, non vi è rendimento per una parte senza che essa partecipi al rischio.

Il mudaraba è un contratto dove un partner (banca o gruppo di imprenditori) fornisce il capitale a un socio, il mudarib, che lo investe. Il rischio di perdita è del finanziatore, mentre i profitti sono condivisi.

Il musharaka è simile a una società in cui tutti partecipano agli utili e alle perdite. L’ijara è l’equivalente del leasing. L’obbligazione islamica si chiama sukuk ed è paragonabile a una cartolarizzazione.

 

Il conto deposito e le carte di pagamento

Le banche islamiche offrono due conti correnti:

  • Qard: per piccole somme prelevabili in ogni momento
  • Al wadiah: conto d’investimento con contratto mudaraba, i cui profitti derivano dall’impiego dei fondi da parte della banca

Offrono anche carte di pagamento (debito, credito, prepagate) e prestiti senza interessi (qard hasan) per scopi benefici o brevi periodi