In viaggio con Colores

di Paola Ferrara

Si parte presto la mattina dall’ufficio di Mocoa, sede del progetto, per raggiungere le iniziative imprenditoriali che Co.Lo.Res sostiene.  Mocoa è la capitale del Putumayo, regione amazzonica a sud del Paese, ai confini con aree ancora oggi turbolente per la presenza di gruppi paramilitari. Grazie al contributo dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo – AICS, Coopermondo ha avviato, a luglio 2022, un progetto che prevede l’accompagnamento e il rafforzamento imprenditoriale di 28 attività, alcune in fase di avvio altre già un po’ strutturate.  Passare dalla lettura delle varie azioni alla pratica tommasea di toccare e vedere rende tutto più reale e tutti più felici.

Come dice Josephine, la nostra instancabile desk, “dopo aver scritto il progetto, immaginandolo e sognandone l’impatto positivo sulle comunità, parlare con queste persone e ascoltare i loro piani di sviluppo regala emozioni incredibili”.  Eh si, perché quando sei seduto nel tuo ufficio, mentre fai le riunioni per preparare la call, oramai quasi tutto dietro uno schermo, quello che tiene vive le emozioni è sapere che tutto si tradurrà in pratiche affidate a chi il territorio lo conosce e sa come farlo crescere.

Donne, giovani, indigeni e afrodiscendenti, con un passato recente di violenza, soprusi e guerra, non ancora dimenticato, sono i protagonisti di questa storia. Che inizia a Bogotà in un giorno di maggio. Anzi, negli uffici di Coopermondo in Italia due anni fa, con la decisione di partecipare al bando. La composizione delle diverse azioni del progetto richiede qualche mese, ma si arriva alla presentazione. Complice il Covid però, la graduatoria delle ONG che si aggiudicano i fondi giunge parecchio tempo dopo. Vinto il bando, Coopermondo e i suoi partner, Cospe – altra ong italiana –  e i colombiani Servicio Nacional de Aprendizaje – SENA, la Confederazione di Cooperative Colombiane -Confecoop, Corpoamazonia e Alianza de Mujeres Tejedoras De Vida – ATV cominciano a mettere insieme la squadra che dovrà implementare le azioni e, entro tre anni, dimostrare ad AICS e ad altri finanziatori che il progetto ha funzionato e che è servito credere nelle speranze di queste persone. La nostra capo progetto in Colombia, Paola ci accoglie a Mocoa con tutta l’equipe: le visite, per chi sta da anni in un Paese straniero a lavorare, spesso senza avere molte occasioni di svago, sono un momento diverso e arricchente. Faticoso di sicuro, perché preparare una visita in contesti rurali, mettendo insieme incontri con i partner, visite ai progetti e logistica – peraltro durante la stagione delle piogge –  non è cosa semplice. Ma tutto fila liscio, persino gli orari vengono rispettati e la delegazione di Coopermondo riesce a trarre il massimo dalla visita.

 

Ma qual è il valore aggiunto di avere il direttore e il presidente di Coopermondo in loco? Cosa pensano i partner e cosa ci portiamo a casa?

Lascio alle parole di Marco Menni, Presidente di Coopermondo e Vice presidente di Confcooperative, questa riflessione. “Il valore degli incontri istituzionali sta tutto nella possibilità di scambiarsi, dal vivo, impressioni e prospettive comuni, insieme alla stretta di mano. Confcooperative, e di conseguenza Coopermondo, che è il suo braccio operativo nei contesti meno sviluppati, è molto conosciuta e apprezzata tra gli attori dell’economia sociale colombiana e ribadire la nostra vicinanza, il sostegno ai progetti, la volontà di collaborare alla nascita e/o al rafforzamento dell’economia cooperativa e associazionistica, è un dovere”. Dagli uffici passiamo ai campi, dove piscine piene di tilapia (un pesce amazzonico), coltivazioni di chontaduro o di cacao hanno sostituito quelle di coca, ed è un’esperienza di grande impatto.  “Le attività sono piccole certo, nulla a che vedere con le grandi cooperative agricole italiane, ma significative oltremodo. Molti di questi campesinos hanno scelto (in alcuni casi non volontariamente) di cambiare colture, rischiando la fame e la povertà. A loro dobbiamo rispetto oltre che tutto il sostegno possibile”.  Qualcuno ci sta riuscendo, molti progetti simili a quello di Coopermondo, sono nati dal 2000 in poi per aiutare i contadini a diversificare colture, ad avviare programmi di transizione per “liberarsi” dalla schiavitù della hoja de coca che significa essere parte di un traffico illecito e di mercati illegali, ma anche essere pedina nelle mani di cartelli violenti e senza scrupoli. Alcuni ne parlano in maniera naturale, altri cambiano argomento. La foglia di coca cresce ovunque, fa parte di questa cultura, ha usi medicinali importanti, viene masticata come da noi si faceva col tabacco.  Eppure, oggi è al bando per la trasformazione in prodotto destinato a mercati illegali e pericolosi e anche l’uso terapeutico che ne fanno i locali verrà censurato dal tempo e dalla scomparsa di queste piante. Ed è contro la scomparsa di piante e frutti autoctoni che una parte del progetto Co.Lo.Res. è dedicato. Galeano diceva che l’America Latina non ha subito solo il saccheggio dell’oro e dell’argento, del caucciù e del rame. Ha sofferto anche dell’usurpazione della memoria, condannandola all’amnesia da parte di coloro che le hanno impedito di essere.  Mi torna in mente mentre ascolto i racconti di questa gente, colombiani che nel pieno della selva amazzonica stanno facendo rinascere frutti che erano stati dimenticati. Peggio, avevano lasciato il posto alla “hoja de coca”. Ne assaggiammo alcuni. Sapori per noi sconosciuti che qui significano storia, cultura, vita.  Nancy, Jaime, Claudia e tutti gli altri coltivatori incontrati in questo viaggio stanno tirando fuori le radici dalla loro terra per rimetterle in tavola.

E così nei piatti ci sarà da mangiare e da ricordare.

Penso che Galeano sarebbe contento.

 

 

 

 

 

 

 

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